La docente 56enne aveva segnalato gravi ritardi nella consegna dei referti oncologici all’Asp di Trapani: il suo esame arrivò dopo otto mesi. Indagati dieci medici.
La denuncia e l’inchiesta della Procura
È morta a Mazara del Vallo la professoressa Maria Cristina Gallo, 56 anni, simbolo della battaglia contro i ritardi nella consegna dei referti istologici all’Asp di Trapani. La donna era affetta da un tumore al quarto stadio e aveva denunciato pubblicamente le lungaggini burocratiche e le inefficienze che avevano caratterizzato la sua vicenda clinica.
Dopo un intervento di isterectomia nel dicembre 2023, la docente attendeva l’esito dell’esame istologico necessario a definire il tipo di neoplasia e il trattamento più adeguato. Il referto, però, arrivò soltanto nell’agosto 2024, otto mesi dopo il prelievo dei tessuti. Nel frattempo, la malattia si era aggravata e le metastasi si erano ormai diffuse in più organi.
Dalla sua denuncia è nata un’inchiesta della Procura di Trapani, ancora in corso, che vede dieci medici indagati per presunti ritardi e omissioni. L’inchiesta ha acceso i riflettori su una gestione sanitaria già al centro di polemiche per la lunga lista di pazienti oncologici in attesa di referti.
Lo scandalo dei ritardi e le dimissioni del direttore generale
La vicenda della professoressa Gallo aveva scatenato uno scandalo che, nei mesi scorsi, aveva portato alle dimissioni del direttore generale Maurizio Croce. La donna, con coraggio e lucidità, aveva raccontato di aver scoperto ritardi anche di due anni nella consegna degli esami istologici a decine di pazienti oncologici della provincia.
Il caso, esploso tra il 2023 e il 2024, aveva svelato una realtà drammatica: secondo le indagini interne e i dati emersi, oltre 200 pazienti attendevano i propri referti, accumulati in due laboratori dell’Asp. La denuncia di Gallo era stata un atto di civiltà, nato non solo per se stessa ma per tutti i malati che si trovavano nella stessa situazione.
Un’eredità morale che resta
Nei suoi ultimi mesi di vita, la professoressa Maria Cristina Gallo aveva continuato a chiedere giustizia e dignità per chi affronta la malattia. “Non si può morire di burocrazia”, aveva detto in più occasioni, denunciando pubblicamente il dolore di chi aspetta un esame decisivo per la propria cura.
Il suo caso rimane emblematico del degrado di un sistema sanitario che, in più occasioni, ha mostrato falle profonde nella gestione dei tempi e delle risorse. La sua battaglia, ora, è nelle mani della magistratura e dei familiari che ne raccolgono l’eredità morale, con la speranza che la sua morte possa almeno contribuire a cambiare un sistema che troppe volte ha lasciato soli i pazienti.