Superbonus, la bomba a orologeria voluta da Giuseppe Conte da 170 miliardi che pesa sulla manovra 2026

La premier accusa la misura voluta da Conte di aver svuotato le casse pubbliche. Le opposizioni replicano, ma i conti della Corte dei Conti e del FMI le danno ragione.

Meloni: “Una manovra più leggera, ma condizionata dai conti del Superbonus”

Durante il suo intervento al Senato, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha chiarito le difficoltà che pesano sulla nuova Legge di Bilancio, del valore di 18,7 miliardi di euro. “È una manovra più leggera delle precedenti – ha dichiarato – ma su di essa grava la situazione complessiva. Nel 2026 lo Stato verserà 40 miliardi per il Superbonus. Se avessi avuto quei 40 miliardi e non 18, alle Forze dell’Ordine le avrei coperte di aumenti, così come alla sanità, ai salari e alle imprese. Ma quei fondi non ci sono, perché abbiamo ristrutturato seconde case e castelli”.
Un attacco diretto a quella che definisce una misura “folle e insostenibile”, varata durante il governo Conte e oggi riconosciuta come uno dei principali fattori di squilibrio nei conti pubblici. Sulla stessa linea il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che ha aggiunto: “Se avessimo le decine di miliardi che hanno scavato un buco nel deficit con il Superbonus, potremmo fare una manovra più ricca e generosa. Ma dobbiamo fare di necessità virtù”.

L’opposizione: “Superbonus usato come Superalibi”

Le parole della premier hanno scatenato la reazione delle opposizioni. I parlamentari M5S delle Commissioni Bilancio e Finanze hanno replicato con una nota durissima: “Meloni rispolvera il Superbonus come un Superalibi per coprire lo squallore della sua manovra. Quella misura è stata votata anche da Lega e Forza Italia”.
Al coro si è unito anche il leader della Cgil, Maurizio Landini, che ha accusato il governo di “ipocrisia”. “La scarsità di risorse nella manovra non è colpa del Superbonus – ha detto – perché lo hanno votato e difeso tutti”.

I numeri impietosi del disastro Superbonus

Eppure, i dati ufficiali raccontano un’altra storia. All’inizio, la misura voluta dal premier Giuseppe Conte e sostenuta dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri era stata presentata come un intervento sostenibile, dal costo stimato di circa 35 miliardi. Ma le continue proroghe hanno fatto esplodere la spesa.
Le stime più recenti dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) parlano di un impatto sul debito pubblico pari all’1,8% nel triennio 2024-2026, con un costo complessivo superiore ai 170 miliardi di euro. La Corte dei Conti lo quantifica in 165 miliardi, mentre la Banca d’Italia riduce la stima a circa 100 miliardi, tenendo conto dei benefici fiscali generati dall’aumento del gettito.
Ma anche nella versione più “ottimistica”, la misura resta dieci volte più costosa della manovra attuale. “Vogliamo mettere a confronto 100 miliardi con i 18,7 della legge di bilancio?”, ha chiosato la premier, ricordando che il peso del bonus continuerà a gravare per anni sulle finanze pubbliche.
Persino il Fondo monetario internazionale, tradizionalmente guardato con sospetto da parte della sinistra, ha definito il Superbonus un “incentivo inefficiente” che ha contribuito in modo rilevante all’aumento del debito italiano.

In definitiva, la manovra può essere criticata su molti fronti, ma – come sottolineano gli osservatori economici – negare che l’attuale austerità sia il prezzo del “bonus dei sogni” resta difficile. Un’eredità pesantissima che, come ha detto Meloni, “ha ristrutturato sì le case, ma ha indebitato lo Stato per decenni”.

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