Il giornalista racconta le sue origini, l’incontro con Montanelli, gli anni al Corriere e il premio di Berlusconi. “Tortora, la mia battaglia più giusta”.
Dai primi mestieri al giornalismo: una passione nata dal lavoro
Prima di diventare uno dei volti più noti del giornalismo italiano, Vittorio Feltri ha attraversato esperienze lavorative molto diverse tra loro. “Ho fatto il commesso, il pianista nelle balere, il garzone del latte, ma anche il vetrinista — racconta —, un mestiere utilissimo per imparare a disegnare le prime pagine dei giornali che ho diretto”.
Nell’intervista al Corriere della Sera, Feltri ripercorre con lucidità e ironia le tappe di una carriera che lo ha portato a dirigere alcune delle testate più importanti del Paese, dal Giornale a Libero, fino all’Indipendente e all’Europeo. Nel suo ultimo saggio, già ai vertici delle classifiche, il giornalista alterna riflessioni personali a aneddoti sui protagonisti del giornalismo italiano che ha conosciuto lungo la sua strada.
Montanelli, Berlusconi e la scalata al Giornale
Il primo giornalista che Feltri dice di aver ammirato è Indro Montanelli, di cui anni dopo avrebbe preso il posto alla direzione de Il Giornale. “Mi sono emozionato molto quando mi assegnarono la sua rubrica delle lettere, ma non gliel’ho detto”, confida.
La sua nomina arrivò dopo che Montanelli lasciò il quotidiano in seguito ai contrasti con Silvio Berlusconi. “Mi chiamarono per sostituirlo, ma all’inizio rifiutai. Ero già direttore dell’Indipendente e non volevo fare il vice di nessuno”, ricorda Feltri. “Poi, dopo lunghe trattative, accettarono le mie condizioni: mezzo miliardo di lire di stipendio”.
La decisione si rivelò vincente: “In poco più di un anno portai le copie da 110 mila a 250 mila. Per premiarmi, Berlusconi mi fece dare il 7% dell’azienda, compreso il palazzo di via Negri. Quella fu la mia fortuna”.
Un rapporto, quello con l’ex premier, improntato a stima reciproca. “Non mi ha mai imposto di scrivere o non scrivere nulla. Solo una volta mi invitò nella sua villa in Sardegna, ma rifiutai: detesto il mare”.
Tortora, Biagi e Fallaci: gli incontri che hanno segnato una carriera
Quando gli chiedono quale sia la storia di cui va più fiero, Feltri non ha dubbi: “Quella di Enzo Tortora. Mi convinsi della sua innocenza leggendo le carte del processo. Scoprii, insieme a un archivista del Corriere, che gli accusatori avevano mentito sulla data della consegna della droga. A una lettura attenta le incongruenze erano evidenti”.
Gli anni al Corriere della Sera restano, per Feltri, i più formativi: “Mi permisero di fare quello che volevo, di viaggiare, di imparare il mestiere e di mettermi in luce”.
Tra i suoi maestri e colleghi ricorda Enzo Biagi, per il quale scriveva testi televisivi: “Era di una scaltrezza non immaginabile, riusciva a convincere chiunque a farsi intervistare”. E soprattutto Oriana Fallaci, che definisce “la più grande di tutti”: “Faceva stampare i suoi elaborati, li correggeva fino all’ultimo, era maniacale. Una professionista assoluta”.