La Suprema Corte conferma l’assoluzione per legittima difesa: il ragazzo agì per proteggere la madre da un padre violento durante una lite in casa a Collegno.
Definitiva l’assoluzione: “Si è difeso, non ha agito per odio o rabbia”
È definitiva l’assoluzione di Alex Cotoia, il giovane di Collegno (Torino) che nel 2020 uccise il padre Giuseppe Pompa con 34 coltellate per difendere la madre durante una violenta lite familiare. La Cassazione ha confermato la sentenza d’appello bis, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Torino, e ha messo la parola fine a un processo che ha profondamente segnato l’opinione pubblica.
Secondo i giudici della Quinta sezione penale della Suprema Corte, Cotoia agì “non per odio, frustrazione o rabbia”, ma perché “si è difeso fino a quando ha constatato che il padre era inerme e non costituiva più un pericolo”. L’episodio avvenne la sera del 30 aprile 2020, nell’abitazione di famiglia, teatro di anni di sopraffazioni e violenze domestiche.
La ricostruzione: “Un contesto familiare drammatico e di sopraffazione”
Nelle motivazioni della sentenza, la Corte d’appello di Torino aveva già riconosciuto che l’azione del giovane, oggi noto con un cognome diverso, si inseriva in “un contesto a dir poco drammatico”. Il padre, Giuseppe Pompa, era descritto come un uomo “dominato da una gelosia patologica e da un insopprimibile desiderio di imporsi sui familiari”.
Il clima in casa era da tempo segnato da “una pesantissima sopraffazione del marito nei confronti della moglie”, e quella sera l’uomo sarebbe stato in preda a “una rabbia incontrollabile”. Alex, secondo i giudici, “è intervenuto per proteggere la madre, convinto che il padre volesse impugnare un coltello”.
Anche se tale convinzione si rivelò errata, la Corte ha ritenuto che il giovane fosse “ragionevolmente persuaso di trovarsi in una situazione di pericolo imminente”. Da qui la decisione di riconoscere la legittima difesa putativa, ossia la convinzione, anche se sbagliata, di dover reagire per salvare sé stesso o un’altra persona da un’aggressione.
Un processo complesso, terminato dopo cinque anni
Il caso di Alex Cotoia ha attraversato tre gradi di giudizio e due processi d’appello. Dopo una prima condanna a sei anni e due mesi di reclusione, la Cassazione aveva annullato la sentenza disponendo un nuovo processo, che si era concluso con l’assoluzione per legittima difesa. Ora, con la decisione della Suprema Corte, quella sentenza è definitiva.
Il caso resta uno dei più discussi degli ultimi anni, simbolo della difficoltà nel distinguere tra reazione istintiva e difesa necessaria in un contesto di violenza familiare protratta. Per i giudici, però, non ci sono dubbi: Alex Cotoia ha agito per difendere la madre e se stesso da un pericolo reale, non per vendetta.