La Divisione Diritti Civili del Dipartimento di Giustizia americano accusa, Francesca Albanese, relatrice Onu di aver violato il codice etico. Fratelli d’Italia chiede chiarezza anche in Parlamento.
Gli Stati Uniti chiedono la rimozione della relatrice Onu
La Divisione per i Diritti Civili del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha chiesto ufficialmente alle Nazioni Unite la rimozione immediata di Francesca Albanese dal suo incarico di Relatrice Speciale per i diritti umani nei Territori Palestinesi occupati. L’iniziativa americana arriva dopo le accuse avanzate dall’Ong UnWatch, secondo cui la relatrice avrebbe violato il codice di condotta dell’Onu accettando finanziamenti da gruppi di pressione filo-Hamas.
Le accuse si concentrano su presunti pagamenti esterni per circa 20mila dollari ricevuti durante un viaggio del novembre 2023 in Australia e Nuova Zelanda, organizzato come attività di “lobbying”, in contrasto con l’articolo 3 del Codice di condotta delle procedure speciali dell’Onu, che vieta di accettare compensi o doni da fonti non governative.
Fratelli d’Italia: “Il governo italiano faccia chiarezza”
Il caso è arrivato anche in Italia, dove l’onorevole Mauro Malaguti di Fratelli d’Italia ha presentato un’interrogazione parlamentare alla Camera dei Deputati chiedendo se l’Italia intenda unirsi alla posizione americana e “fare luce su accuse di una gravità inaudita”. Secondo Malaguti, se le accuse dovessero essere confermate, “non si tratterebbe solo di uno scandalo personale, ma della prova di come il sistema delle Nazioni Unite sia diventato terreno fertile per la propaganda ideologica di determinate fazioni politiche”.
Nel mirino dell’Ong ginevrina ci sono in particolare due organizzazioni: l’Australian Friends of Palestine Association (AFOPA) e la Free Palestine Melbourne, entrambe dichiaratamente filo-palestinesi e accusate di aver espresso sostegno ad Hamas. La prima avrebbe elogiato il leader del gruppo, Yahya Sinwar, definendolo “incredibilmente commovente” dopo la sua uccisione da parte di Israele; la seconda, invece, ha definito il massacro del 7 ottobre 2024 “un momento di svolta per l’intera regione”.
Le accuse di UnWatch e la difesa dell’Albanese
Secondo il dossier di UnWatch, l’Albanese avrebbe accettato compensi esterni per la partecipazione a eventi promossi da associazioni filo-Hamas, contravvenendo alle regole dell’Onu. Inoltre, avrebbe chiesto ulteriori contributi economici — da trasferire a un suo assistente — in cambio della disponibilità a intervenire in un “accampamento di solidarietà con Gaza” alla Columbia University.
La relatrice speciale ha respinto ogni addebito, affermando di “non avere nulla da nascondere”, mentre l’Onu avrebbe deferito la questione al Comitato di coordinamento delle procedure speciali, un organismo interno descritto da UnWatch come “privo di poteri investigativi e composto da collaboratori vicini alla relatrice”.
Nonostante le polemiche, la Albanese ha ottenuto il rinnovo triennale del mandato nella primavera del 2024. Tuttavia, lo stesso Comitato — pur tentando di scagionarla — ha ammesso che la relatrice ha effettivamente ricevuto finanziamenti da organizzazioni esterne e ha definito “inappropriata” la richiesta di denaro per partecipare a eventi pubblici.
Il caso solleva ora forti interrogativi sull’imparzialità dell’Onu e sulla sua capacità di vigilare sui propri rappresentanti. In attesa delle risposte ufficiali, la pressione internazionale cresce e la figura di Francesca Albanese appare sempre più in bilico.