Tra Pd e M5S nessuna unità di intenti sulla separazione delle carriere. Mentre nel centrosinistra dilaga la fronda dei “sì” e il fronte del No si sfalda.
Pd e 5 Stelle, matrimonio ancora lontano
Un po’ come amanti clandestini, Elly Schlein e Giuseppe Conte continuano a frequentarsi senza mai mostrarsi insieme. Neppure il referendum sulla separazione delle carriere dei magistrati riesce a trasformare la loro collaborazione in un fronte compatto. Durante il voto in Senato, i senatori del cosiddetto “campo largo” – Pd, M5S e Avs – sventolavano cartelli con gli stessi slogan, ma la scenografia unitaria si è dissolta in poche ore. Nessuna conferenza stampa comune, nessun comitato condiviso per il “No”: Schlein e Conte hanno preferito commentare in solitudine, a distanza di sicurezza.
A riempire il vuoto ci ha pensato l’Associazione nazionale magistrati, che ha già lanciato il proprio comitato per il No con il costituzionalista Enrico Grosso alla guida e Nicola Gratteri come volto simbolico. La sinistra politica, almeno per ora, resta ai margini, costretta a fare da “ruota di scorta” alle toghe.
La fronda interna del Pd e l’avanzata dei “sì”
Mentre il Movimento 5 Stelle mantiene una posizione prudente – “siamo progressisti indipendenti”, ripete Conte –, nel Pd monta il dissenso. Sempre più esponenti di peso si smarcano dalla linea ufficiale. Dopo Goffredo Bettini, favorevole alla riforma, arrivano anche Enrico Morando, Stefano Ceccanti e Giorgio Tonini, insieme agli ex Ds Claudio Petruccioli e Cesare Salvi, che ricordano come la separazione delle carriere fosse già prevista nella bicamerale di D’Alema.
Sul fronte liberal-radicale, Benedetto Della Vedova di +Europa difende la riforma: “È una riforma liberale e pannelliana, serve a garantire un giudice veramente terzo”. Una posizione condivisa da Emma Bonino, che la definisce “una battaglia di sempre”.
Perfino Antonio Di Pietro, simbolo di Mani Pulite, e l’ex deputata dem Anna Paola Concia si schierano con il comitato per il “Sì” promosso dalla Fondazione Einaudi. “Al referendum spero vinca il sì”, ha dichiarato Roberto Giachetti di Italia Viva, mentre l’ex capogruppo dem Andrea Marcucci conferma: “Voterò sì”.
Un fronte in ordine sparso e i sondaggi spietati
Nel campo riformista la confusione regna. Azione ha già votato a favore della riforma in Parlamento, mentre Italia Viva – spiega Maria Elena Boschi – “sta valutando, ma la separazione delle carriere è in sé una cosa buona”.
Conte, invece, teme di restare intrappolato in un nuovo scontro con la segretaria del Pd, evitando di trasformare il referendum in un test di leadership per la futura coalizione. Ma i numeri non confortano: secondo l’ultimo sondaggio YouTrend, il “Sì” sarebbe avanti 56% a 44%, con un trend in crescita costante.
Un copione già visto: divisioni interne, personalismi e strategie opposte. Il campo largo si presenta così al voto di primavera – quello che potrebbe diventare, più che un referendum sulla giustizia, un regolamento di conti tra Schlein e Conte.