Coronavirus, Alessandro Borghese: “Anticipo la cassa integrazione per i miei 64 dipendenti ma così resisto solo un altro mese”

Il coronavirus sta piegando i piccoli imprenditori ma anche quelli  più grandi come lo chef Alessandro Borghese che è riuscito ad anticipare la cassa integrazione per i suoi 64 dipendenti ma dice anche: “Io anticipo la cassa integrazione per i miei 64 dipendenti  ma così non va assolutamente bene: posso resistere al massimo un altro mese se non si prendono misure diverse”.

E poi lo chef di “Quattro ristoranti” aggiunge: “Lo Stato sta radendo al suolo la ristorazione italiana, con la sua assenza. Non solo manca sostegno economico a un settore che è il fiore all’occhiello del Paese, ma anche le regole per iniziare a progettare la ripartenza non ci sono”.

Alessandro Borghese fa un bilancio molto severo: “Da quando è iniziato il lockdown ho perso quasi metà degli introiti”

E poi, ancora: “Ora siamo fermi. È tutto chiuso. E sto anticipando l’assegno della cassa integrazione ai miei 64 collaboratori: non potevo permettere attendessero mesi prima dell’arrivo dei fondi a causa della burocrazia. Ma così non si può resistere a lungo”.

E poi, ancora: “Un altro mese. Se le cose non si smuovono dovrò decidere cosa fare con il personale, le spese d’affitto e le bollette. Ma è un’evenienza in cui spero di non dovermi trovare”.

Alessandro Borghese suggerisce di copiare l’esempio della Campania: “Le istituzioni dovrebbero avviare un tavolo nazionale con i rappresentati dei ristoratori per ragionare su problemi e soluzioni. Un po’ come ha fatto la Regione Campania chiedendo la consulenza di Gennaro Esposito”.

“E, poi, servirebbero finanziamenti a fondo perduto, anche perché ci vorrà tempo prima che i ristoranti tornino a riempirsi”.

E poi conclude così: “La distanza di almeno un metro e venti tra commensali è una stupidaggine. Qualcuno dovrà domandare ai clienti se sono parenti e in caso contrario dividerli? Non scherziamo, chi verrà insieme sarà cosciente di quello che fa. Mi preoccupa, invece, che possa essere richiesto il distanziamento in cucina. Il fine dining ha piatti che richiedono anche due o tre persone per la preparazione. Inoltre, non è il mio caso, ma tantissimi locali hanno cucine minuscole e non potrebbero mai adeguarsi”.