Coronavirus, Gerry Scotti fa un racconto da pelle d’oca e Rudy Zerbi commenta sui social

Gerry Scotti è stato colpito dal coronavirus e non se l’è passata molto bene.

Dimesso dall’ospedale ha voluto ringraziare i medici e gli infermieri che si sono presi cura di lui e, che come lui stesso ha detto, ci hanno creduto più di lui.

Gerry Scotti rilascia un’intervista al “Corriere della Sera”

Gerry Scotti, dopo essere stato dimesso ha deciso di raccontare come ha vissuto il periodo in cui è stato ricoverato e l’ha fatto rilasciando un’intervista a “Corriere della sera”.

Scotti ha detto così: “Quando mi hanno detto che ero positivo, avevo 36 e 2 e pensavo di star bene. Invece positivo . Quando ho sentito quella parola mi è sembrato improvvisamente di essere al di là del Muro di Berlino, non so come altro spiegarlo. In un attimo ho rivissuto i sei mesi di paura, terrore, precauzione, speranza che stiamo vivendo tutti. Perché proprio a me? Sentivo di non sapere nemmeno da dove cominciare a capire da dove fosse partito tutto. Ti viene l’istinto a non piangerti addosso, questa malattia è subdola, puoi stare due o tre giorni con poca febbre, addirittura senza come successo ad alcuni miei amici, e dopo 7 giorni ti negativizzi. Speravo di essere in quel mazzetto di fortunati vincitori del Boero, i cioccolatini con il regalo”.

E poi continua il suo racconto: “Al secondo controllo al Covid Center dell’Humanitas a Rozzano mi è stato consigliato di rimanere da loro perché avevo tutti i parametri sballati: fegato, reni, pancreas. Ero già nell’unità intensiva, perché quando entri nel pronto soccorso del Covid Center non c’è l’area rinfresco, l’area macchinette, l’area vogliamoci bene: si apre una porta e da lì in poi vedi tutto quello che hai visto nei peggiori telegiornali della tua vita. Sono diventato verde, ho sudato freddo”.

Un racconto da brividi quello di Gerry Scotti che continua così: “I medici mi dicevano di non spaventarmi: non la mettiamo in terapia intensiva ma in una stanza a fianco perché abbiamo bisogno di monitorarla, per sapere se la sua macchina, il suo corpo, ha bisogno di cure particolari. Ero in una stanzina, di là c’era la sliding door della vita di tantissime persone. Con due altri pazienti ci strizzavamo l’occhio, dai che ce la fai. Ho appurato – stando lì, due notti e un giorno – che quella era l’ultima porta. Se decidevano di aprire quel varco… Io li vedevo tutti, vedevo 24 persone immobili, intubate, come nei film di fantascienza. Pregavo per loro invece che pregare per me. Sono arrivato all’ultimo step indolore della terapia prima che ti intubino. Per un paio di giorni a orari alterni ho dovuto indossare il casco con l’ossigeno, è stato un toccasana. Ricordo lo slogan: il casco ti salva la vita. Adesso ho capito bene di che casco si tratta… Poi una mattina hanno girato indietro il letto e mi hanno riportato nella mia stanza”.

Gerry Scotti ha un messaggio per i negazionisti

Gerry Scotti si rivolge ai negazionisti e dice: “Bisogna prenderli e lasciarli in rianimazione un’ora. Non c’è bisogno di 36 ore come è stato per me. Sicuro che cambiano idea”.

Appena si è avuta la notizia delle sue dimissioni in tanti hanno tirato un sospiro di sollievo e tra questi il suo grande, Rudy Zerbi che ha scritto così sui social accanto ad un fotomontaggio dove si vede Gerry come Rocky Balboa: “Bentornato a casa Campione!”.